Prendendo spunto dalla profonda riflessione biblica "ed ecco, era molto buono" (Gen 1,31), le attività dell'estate/autunno 2025 si addentreranno nelle sfide della società moderna e nella perdita della "sapienza del convivere civile". L'obiettivo è esplorare possibili soluzioni a problemi apparentemente insormontabili, attraverso alcuni cicli di seminari dedicati. Tutte le nostre riflessioni partiranno dal presupposto che l'essere umano è caratterizzato da una "dignità" del tutto particolare. Per quest'anno abbiamo deciso di affrontare la condizione carceraria, affrontando questo tema sia dal punto di vista di chi subisca una limitazione della propria libertà, sia dal punto di vista di chi stato vittima di reati. Ci pare questo sia il punto di partenza adatto per poter fornire il nostro contributo ad un rinnovamento della società che ci accoglie.
“.. ed ecco, era molto buono”. (Gen 1,31)
La società moderna soffre di problemi apparentemente molto gravi legati alla smarrita sapienza del convivere civile e tra questi ve ne sono alcuni che vorremmo approfondire durante questa estate 2025 per provare ad indicare una possibile via di soluzione.
Tra i tanti possibili approfondimenti abbiamo deciso di considerarne alcuni che ci sembrano significativi ideando alcuni cicli di seminari che avranno questi titoli:
ciclo A (propedeutico)
Dignità infinita
La Luce nell'arte - “Dio è luce e in Lui non ci sono tenebre”. (1 Giovanni 1:5)
Ciclo B
Ero in prigione e siete venuti da me (Mt 25,36) – La dimensione carceraria in Italia e la “giustizia riparativa”.

Il nucleo fondamentale è quello del ciclo B. Da sempre, da spettatore, ho percepito il carcere come qualcosa di fuori dal contesto civile, come qualcosa di inavvicinabile, di infinito e di tremendo: il carcere come regno del dio Ade sulla terra, luogo che offre soltanto la via d’ingresso e non quella d’uscita. Spesso, tramite i media, ho assistito a testimonianze di persone vittime o parenti di vittime di reati, dai più gravi ai più tenui, invocare la giustizia perché comminasse la pena più severa possibile al reo: “voglio che anche lui soffra”, “vogli che venga punito”, “rinchiudiamolo e gettiamo via la chiave” e via dicendo.
Queste affermazioni, anche perché non mi trovavo nella loro posizione, generavano in me una domanda: se l’uomo è ciò che Dio, il sesto giorno, vede come “molto buono” riconoscendole una “dignità infinita”, è possibile che a causa di una serie di scelte errate possa perdere questa condizione? Se è così: è veramente impossibile fare qualcosa per ricostituire nel reo la consapevolezza della propria dignità e di quella altrui? Le domande che mi sorgono pensando alle vittime delle azioni negative sono: “quali vie potrebbero seguire per trovare una certa pace che possa permettere loro di avere ancora fede nell’umanità che li circonda impedendo al ‘male’ di colpire ancora”?
La riconciliazione con la dimensione rieducativa è uno dei percorsi fondamentali per poter sanare la società contemporanea che vede nel diverso (il delinquente è spesso inteso con “il più diverso da me che ho un ottimo modo di agire”) qualcuno o addirittura qualcosa da eliminare.
Per poter affrontare questo tema così complesso è in ogni caso necessario definire una “grammatica”, è assolutamente necessario chiarire cosa voglia dire “dignità dell’essere umano” e lo faremo grazie al primo ciclo che esporrà una possibile definizione (“dignità infinita”) ed al secondo ciclo che presenterà un metodo infallibile per la ricerca della verità attraverso la bellezza (La Luce nell’arte).