Il testo esplora la dignità dell'essere umano a livello ontologico, distinguendo tra "individuo" e "persona". Basandosi sulla definizione di Boezio, l'autore ridefinisce la persona come "sostanza accidentale, individuale e razionale", sottolineando la sua irripetibilità. La coscienza è centrale, poiché necessita di porsi in relazione simbiotica con l'altro per esistere e percepirsi. Questa relazione rivela che la coscienza umana è il luogo in cui lo Spirito dimora, rendendo l'essere umano il senso stesso della creazione.
La dignità dell’essere umano si riscontra a livello ontologico. Essendo l’essere umano l’unico ente che abbia coscienza storica e progettuale, sa immaginare sé stesso nel futuro, sa vivere la propria finitudine nel momento in cui il pensiero sorge e sa analizzare gli eventi che lo hanno determinato, egli percepisce in sé stesso una condizione ed una responsabilità unica nell’universo.
L’essere umano, oltre che a costituire, con il suo essere, un individuo, è ancora una volta a livello ontologico, una persona. La differenza è fondamentale poiché se per l’individuo potrebbe venirci incontro l’idea che un essere umano valga un altro a scelta, per il concetto di persona ciò non può assolutamente accadere.
Grazie a Boezio possiamo definire la persona come “sostanza individuale di natura razionale”.
La persona, in quanto sostanza, è un ente autonomo e indipendente. Egli osserva, scruta, analizza e progetta in modo autonomo pur radicando la propria connotazione etica nel medesimo territorio delle altre “persone”, intese sia in modo astratto che materiale. L’individualità, essendo un accidente della persona e non sostanza che si autodefinisce, rende pigmentata la persona con sfumature di colore uniche: una data persona ha una certa individualità che la rende il signor Tizio sostanzialmente indipendente da qualunque altro signor Tizio.
La razionalità, infine, determina la persona come soggetto morale dotato di volontà potenzialmente libera.
Tutte queste intersezioni nate ed operanti in un contesto libero danno luogo alla irripetibilità della persona.
Ma, la definizione sopra esposta che vuole la persona definita, a tutta prima, come “sostanza”, denuncia una inesattezza fondamentale: la persona è un accidente dell’essere e, per piena chiarezza, dell’essere umano. Infatti, non esiste persona che non sia prima essere umano.
Se la sostanza “esiste per sé e non in altro”, allora la persona dovrebbe essere definita come “sostanza accidentale, individuale e razionale”. L’essere umano continua a rimanere tale anche se la “sostanza accidentale” dovesse subire delle variazioni, mentre la persona, la nostra sostanza accidentale, migrerebbe verso lo sconfinato luogo del nulla se l’essere umano dovesse anche solo minimamente subire delle variazioni. L’essere umano ha solo due elementi essenziali: l’essere e la coscienza immanente/trascendente. Ciò che ci si presenterebbe a seguito dell’eliminazione dell’essere non è nemmeno concepibile (😊se “ciò che non è non è” allora la “parola” non potrebbe nemmeno sorgere essendo l’”essere”, in questo caso con ogni diritto, sostanza “del dire”, negando chiaramente la concepibilità). Se dovessimo eliminare la coscienza, allora avremmo a che fare con un qualunque ente.
Giunti a questo punto della nostra “promenade”, affermiamo che la coscienza abbia la necessità, per poter essere, di porsi in continua relazione al fine di rinnovare e confermare la propria esistenza. Questo porsi in relazione, però, non è un semplice porsi volontariamente accanto ad un qualunque “altro da sé” ma è piuttosto un porsi in relazione simbiotica con “l’altro da sé” ed una volta che questa simbiosi avviene (“una volta” è da intendersi come l’”unica eterna volta avvenuta nell’eterno pensiero divino”) la coscienza percepisce questo stato come essenza propria. L’immanenza e la trascendenza donano senso al proprio essere ed essedo ciò la verità o, meglio ancora, in senso Giovanneo, “la Verità” ci si trova a questo punto immersi totalmente nella consapevolezza che la coscienza dell’essere umano è il luogo in cui lo Spirito alberga per necessità. Ecco cosa è la dignità umana: essa è il riconoscimento dell’assunto che l’essere umano sia il senso ed il luogo della creazione stessa.